Tatuaggi e piercing: cosa dice la legge?

Sia i piercing che i tatuaggi sono interventi piuttosto invasivi: per questo sono fondamentali igiene e professionalità di chi li pratica. Ecco cosa dice la legge in proposito

A cura della D.ssa Federica Federico


Chi sceglie di tatuarsi lo fa per imprimere sulla pelle un’emozione, fissare un ricordo o manifestare un modo di essere. In ogni caso il tatuaggio, nella sua unicità, è un segno distintivo. Nel nostro paese il fenomeno tatuaggi è diventato di moda da circa un ventennio, esplose all’inizio degli anni ’90. Da allora la tatoo mania ha seguito un trend sempre crescente. Ed oggi è un fenomeno trasversale che interessa i più svariati ambiti sociali; difatti è tatuato il calciatore, ma anche l’avvocato, la velina, ma anche la giovane prof. Inoltre, il tatuaggio si sceglie come espressione di sé alle età più diverse, quindi non una prerogativa dei giovani. Insomma moltissimi sono gli amanti del tatoo. E possono definirsi antichi e sorpassati i tempi in cui a tatuarsi erano solo i detenuti, le prostitute o al massimo i marinai.

 

 

 

I riti del tatuaggio hanno origini antiche. A ricondurci alle radici del tatoo è la parola stessa che deriva dal polinesiano “tatu” e significa marcare il corpo con dei segni. In effetti è esattamente questo che fa il tatuaggio: segna il corpo in modo permanente. Alla moda del tatuaggio è seguita quella del piercing. Questa pratica consiste nella foratura del corpo per l’inserimento di piccoli oggetti metallici o anelli. Spessissimo i giovani ne fanno sfoggio sull’ombelico, sulle labbra, sulla lingua, sulle sopraciglia, sulle orecchie, nelle narici. Ma il piercing può trovare spazio anche in parti del corpo assai più intime, come i capezzoli o i genitali. Come il tatuaggio, il piercing comporta un intervento invasivo sul corpo ed allo stesso modo modifica l’aspetto della persona. Tuttavia, diversamente dal tatoo, il piercing non è permanente perché una volta rimosso i tessuti tenderanno a richiudersi.

 

 

La legge ammette, in linea di principio, tanto il tatuaggio quanto il piercing; queste pratiche, pure incidendo sul corpo, non cagionano una diminuzione della integrità fisica della persona. Certamente la legge non avrebbe potuto consentirle se avessero menomato nel fisico l’individuo. Tuttavia piercing e tatoo restano atti di disposizione del proprio corpo; e, in questo senso, devono essere coscientemente autorizzati dalla persona su cui vengono praticati. Secondo la legge italiana il minore di anni 18 non è in grado di prestare validamente un simile consenso. È per questo che il tatuatore, tutelando innanzitutto se stesso, dovrebbe operare solo previa autorizzazione dei genitori o di chi esercita la tutela sul minore.

 

 

In Italia, malgrado la forte espansione del fenomeno tatoo, manca una regolamentazione ordinata della materia. La sola normativa nazionale di riferimento risale al 1998 ed è rappresentata dalle “Linee Guida emanate dal Ministero della Sanità per l‘esecuzione di tatuaggi e piercing in condizioni di sicurezza”. L’obiettivo di queste linee guida è quello di evitare che con il dilagare del fenomeno il mestiere di tatuatore venga improvvisato o mal praticato a danno dei clienti. Infatti, sebbene il tatuaggio ed il piercing non siano pratiche mediche, la loro esecuzione è estremamente delicata e sotto il profilo igienico sanitario pretende le dovute garanzie. 
Poste queste linee guida, l’attività di tatuatore deve essere autorizzata, previa verifica del rispetto delle basilari condizioni igienico sanitarie.

 

 

Ora proviamo a capire quali caratteristiche debba avere un laboratorio di tatoo per essere “sicuro”
– il luogo dove materialmente viene praticato il tatuaggio deve essere separato dall’ ingresso o dalla sala d’attesa; 
– deve esistere uno spazio indipendente precipuamente destinato al lavaggio ed alla sterilizzazione degli strumenti; 
– le pareti degli ambienti di lavoro devono essere rivestite con materiali impermeabili e lavabili; 
– nell’esecuzione del suo lavoro il tatuatore deve indossare guanti e camice igienici e monouso; 
– i colori adoperati devono essere atossici e sterili. È buona norma, inoltre, controllare che il tatuatore sia abilitato alla professione secondo quanto previsto dalle stesse Linee Guida del Ministero della Sanità. Queste stesse indicazioni valgono anche per il piercing.

 

Bisognerebbe non trascurare che tali arti di abbellimento incidono sempre in modo invasivo sul fisico, quindi è buona norma confrontarsi con i professionisti del tatoo anche sui possibili rischi per la salute. In questo senso, va affrontato con le debite cautele anche il tatuaggio temporaneo praticato con l’henné. Spesso si commette l’errore di credere che l’origine vegetale, quindi naturale di questo colorante escluda danni alla salute. Ebbene, va ricordato che, se l’henné è certamente naturale, è, invece, chimico l’additivo che può essere adoperato per fissare e sfumare il tatuaggio. Tra i vari additivi in commercio, particolare attenzione va prestata alla parafenilendiamina: esiste una direttiva europea che già la vieta per la colorazione delle ciglia, sopraciglia e pelle, ammettendola solo nelle tinture per capelli.

 

 

 

Alla luce di quanto esposto, è, in conclusione, consigliabile rivolgersi solo a tatuatori autorizzati e operanti presso strutture idonee. È bene diffidare dei tatuatori ambulanti, specie sulle spiagge e nelle discoteche, ciò anche se si desidera semplicemente un tatuaggio all’henné.

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